VILLE ANTICHE

Brevi cenni sulle Ville Storiche più importanti della Valpolicella

Durante il periodo della dominazione Veneziana (1405-1798) fioriscono in valpolicella numerose dimore signorili, adibite a soggiorno e villeggiatura di proprietari terrieri, in buona parte appartenenti alla nobiltà veronese.
Negli ultimi 500 anni molti Patrizi e ricchi borghesi, divennero proprietari di palazzi in Verona città, aspirando anche a qualche dimora nella vicina Valpolicella.
Questo fu possibile in quanto alla fine dell egemonia dei “Signori della Scala”, la repubblica di Venezia favorì l’investimento fondiario. I patrimoni delle famiglie nobili vennero allora investiti nei poderi, nelle possessioni di campagna a creare vitali aziende agricole. Il personale e gli attrezzi utilizzati per il lavoro dei campi risiedeva nelle corti rurali.
Le vecchie case padronali dovevano però restituire l’immagine della ricca famiglia di appartenenza, ed ecco che si tramutarono in incantevoli ville sfarzose, ricche di statue, marmo e affreschi: nasce la civiltà della villa veneta, che copre un periodo che va dal Quattrocento al Settecento.
Le ville diventarono vere e proprie aziende agricole, organizzate e perfettamente funzionanti ,alcune, ancora oggi, ma anche spazio prediletto di svago e di quiete.

San Pietro Incariano:
Villa Verità a Pala-don , Casa Fornaser a Bure Alto, villa Castellani di Bure, villa Acquistapace o Dettoni, villa al Drago, villa Buri, villa Cesari a Brigaldara, villa Bellini Carnesali a Castelrotto, villa Monga già Saibante, villa Monga de Pullè, villa Betteloni a Castelrotto, villa Santa Sofia a Pedemonte, villa Amistà a Corrubio, villa Giona a Cengia, villa Fumanelli a Squarano, villa Danese al Quar, villa De Besi a Pedemonte, villa Lebrecht a San Floriano.


Parona: villa detta il Monastero e villa San Dionigi.

Dolcè: villa Guerrieri e villa del Bene a Volargne.

Dolcè: villa Guerrieri e villa del Bene a Volargne.

Marano: villa Lorenzi a Canzago, villa già Porta a Canzago, villa Campagnola a Valgatara, villa Silvestri a Villa, villa Guantieri a Fasanara.

Negrar: villa Sorte, villa Albertini ad Arbizzano, villa Bertoldi, villa Fedrigoni ad Arbizzano, villa Messedaglia ad Arbizzano, villa Serego Alighieri già Verità ad Arbizzano, villa Zamboni ad Arbizzano, villa Mosconi Bertani a Novare, villa Rizzardi a Poiega.

Pescantina: villa Da Sacco ad Arcè, villa ex Morando a Colombine, villa Quaranta a Ospedaletto, villa Fagiuoli a Settimo, villa Sparavieri a Settimo, villa La Mirandola a Settimo.

Sant’Ambrogio: villa Bassani, villa Serego Alighieri a Gargagnago e villa Nichesola a Ponton.

La Villa romana di Negrar
Situata in località Corteselle era senz’’altro la più antica. Scavi della Soprintendenza nel 1922 e nel 1974 hanno messo in luce parte di un edificio di età romana. Glia ambienti presentano una pavimentazione in mosaico e marmo, con elementi geometrici e figurativi. In base alle caratteristiche stilistiche delle decorazioni, le strutture messe in luce, che forse costituivano la pars urbana (ambienti di residenza) di una villa di maggiori dimensioni, sono state datate al III sec. d.C.

La Villa della Torre
si trova a Fumane ed è una delle più interessanti del Cinquecento veronese. Alcuni ne attribuiscono il progetto a Michele Sanmicheli, altri a Giulio Romano, altri ancora a Bartolomeo Ridolfi.
Nessun documento ci rimane intorno alla sua costruzione, ma si ritiene costruito dagli Scaligeri nella seconda metà del 1200. Sarà stata allora una semplice villa, un casolare un po’ distinto dagli altri pochi sparsi nella valle.
Nel 1311 viene creata la contea della Valpolicella ed il conte Federico della Scala, cugino di Cangrande, sceglie come sua dimora il vago nido di Fumane che diventa centro di tutta la Contea a guardia della quale stava come aquila il diroccato castello di Marano.
La Signoria degli Scaligeri, però, passò nel 1387, ai Visconti di Milano, in seguito alla sconfitta inflitta ad Antonio della Scala da Giangaleazzo Visconti. I nuovi signori cedono il palazzo ai Maffei di Verona.
I Maffei, entrati in possesso della villa, la rimodernarono, la ampliarono e iniziarono quei lavori di arte che, sviluppatisi al principio del 1400, hanno la loro massima affermazione agli albori del ‘500.
Una lapide sola rimane a ricordarci il Maffei ed è quella incastronata sopra la porta laterale della chiesa di Fumane, datata del 1430. Nella seconda metà del 1500 l’ultimo dei Maffei sposa una Dalla Torre, così il palazzo passa in possesso e prende il nome dei nuovi signori che lo rinnovano, lo portano al suo massimo splendore, arricchendolo di opere d’arte, facendone un soggiorno di delizie.
I Dalla Torre lo tengono fino alla prima metà dell’’800; è per breve tempo il nido dell’’anima canora del celebre musicista Carlo Pedrotti, passa poi all’’Ospedale Civile di Verona.
Una lapide, unica anche questa, ci ricorda un Dalla Torre: forse l’ultimo.

Villa Rizzardi
Il giardino di Villa Rizzardi a Poiega (Negrar), realizzato nel 1783 dall’’architetto Luigi Trezza, rappresenta probabilmente uno degli ultimi esempi di giardino all’’italiana. Fu il Conte Antonio Rizzardi a sfidare
la moda del tempo, dominata dallo stile all’’inglese. Il giardino è disposto su
tre livelli e si estende su una superficie di 5,4 ettari. Vi si accede attraverso
un ben sagomato viale di carpini, collocato nella zona più alta, quella del boschetto. In quest’’area, tra lecci, carpini, aceri e tassi, è stato costruito un tempietto con statue
di Ercole e altri personaggi mitologici.

Villa Mosconi, il salotto letterario di Elisa Mosconi
Nella residenza di Novare di Negrar la Contessa ai primi anni dell’800 accolse tra gli altri Ippolito Pindemonte. La villa fu costruita verso la metà del ‘700 da Adriano Cristofoli su incarico di Giacomo
Fattori primo proprietario. Nella parte alta si ergono le statue della Pace e
della Giustizia. In alto vi è la rappresentazione allegorica delle quattro stagioni.
Villa Mosconi è stato un rinomato salotto letterario. Situata in una conca di
eccezionale bellezza, con le sue storiche cantine settecentesce, è oggi sede
dell’’azienda vitivinicola Bertani.

Villa Gualtieri a Valgatara
A Valgatara (Marano di Valpolicella) Villa Gualtieri (dal nome della famiglia che la detiene dal secolo scorso) è uno degli esempi meglio conservati di villa a portico e loggia con torre colombaia. Il nucleo centrale è quattrocentesco e deriva dalla struttura del palacium magnum scaligero di S. Sofia a Pedemonte. Nel Cinquecento una decorazione ad affresco ne ricopriva ancora la facciata. Notevoli resti di affreschi si trovano nella sala al primo piano della torre. Dal Cinquecento subì diversi ampliamenti: un edificio dominicale venne costruito a fianco del nucleo a portico e loggia e vennero aggiunte le scuderie di fronte alla torre colombaia. Successivamente un altro edificio a “L” venne aggiunto al complesso.

Villa Serego
Il nucleo antico di Villa Serego Alighieri a Gargagnago (Sant’Ambrogio di Valpolicella) risalirebbe a Pietro, figlio di Dante Alighieri. Nel 1758, per volere di Pandolfo Serego, venne riedificato il corpo centrale della villa. Dal progetto, opera di Giulio Ceroni, venne realizzata soltanto una terza parte. Il culmine del fulgore della
villa fu nei primi decenni dell’’800, quando divenne la sede di uno dei principali
salotti letterari e mondani veronesi. Oggi il palazzo appare come un mosaico
architettonico, un complesso di edifici di stili diversi che nel corso dei secoli.
Il nome di questa contrada risveglia negli animi che sentono la storia del proprio paese, i più sacri ricordi.
E infatti, Gargagnago il luogo sacro al Divino poeta, a Dante Alighieri ((che ai faggi in mezzo e agli orni / raddolcia dell esilio il crudo affanno )); solo questo fatto basterebbe a renderlo immortale.
Dante Alighieri, sfuggendo all’odio di fazione ed alla lotta cruenta che divampava da tempo in Firenze tra Guelfi e Ghibellini, si rifugia presso gli Scaligeri.
Il primo tuo rifugio el primo ostellorto.
sarà la cortesia del gran Lombardo
che n su la scala porta il santo uccello.
Teneva allora la Signoria Bartolomeo Scaligero, figlio di Alberto. Il ghibellin fuggiasco si trattiene a Verona oltre il 1312 sotto la Signoria di Alboino e Can Grande. Preso dalla febbre della creazione, si rifugia in una semplice villa campestre, in una posizione tranquilla e serana, nel Villaggio di Gargagnago.
In questo soggiorno, lontano dai rumori della città, dimentico della sua Fiorenza, dei suoi nemici, soprafatto dalla bellezza del luogo, scrive gran parte del Divino Poema e manda la terza cantica al suo Signore e Protettore Can Grande con la seguente dedica:
((Non ho trovato convenirsi all’Eminenza Vostra la commedia tutta ma la cantica più nobil di essa, onorata dal titolo di ((Paradiso)): questa con la presente epistola, quasi sotto propria inscrizione dedicatavi, intitolo a voi, a voi porgo, a voi raccomando)).
Il sommo poeta dopo il 1312 lascia Verona per altri lidi; ((ma, dice il Maffei, partendo Dante lasciò quì la sua famiglia che ci rimase finchè si estinse)).

breve cronologia della discendenza di Dante Alighieri partendo proprio da questo momento, della sua partenza:

pietro che commenta il poema del padre ( muore nel 1361)

Dante II (muore nel 1428)

Leonardo (muore nel 1439)

Piero

Dante III (scrittore di eleganti poesie latine e volgari)

Pietro – Lodovico – Francesco

Lodovico dottor di collegio non ebbe figli (sposò Leonora Bevilacqua)

Francesco non si sposò

Pietro con la consorte Teodora Frisoni ebbe una figlia : Ginevra

Ginevra nel 1549 sposa il conte Marcantonio Serego


Il Palladio progettò una sontuosa villa, gioiello d’architettura, eretta però solo in parte, a Pedemonte, ed è l’attuale villa Campostrini. I Serego rimasero eredi elle facoltà e del cognome Alighieri.
La villa di Gargagnago, primo rifugio di Dante, fu resa sontuosa ed arricchita di un magnifico parco; subito, coi Serego, entrò nella villa il soffio dell’opulenza del secolo. La gloriosa tradizione letteraria degli Alighieri non si spense nei Serego, i quali furono amatori dei buoni studi, delle lettere e della poesia. Di questa nobile famiglia basti ricordare Nina Serego, alla quale l’Aleardi rivolge le sue poesie, ed è l anima delle sue lettere migliori.

Villa Guariniana di Castelrotto
Parlando delle ville della Valpolicella, in totale forse una ottantina, quella di Castelrotto anche se sempre passata in secondo piano, è quella al contrario che più viene riocordata e narrata.
La storia di questa villa fa capo a due nomi : il Guarino e Vittorio Betteloni.
Sorge in contrada Sausto, sul pendio del colle a Castelrotto. Come architettura non ha nulla di interessante e nonostante i vari manegiamenti, non presenta particolari segni d’’arte.
Nel 1870 fu aggiunta un’’ala a sinistra ed all’’estremità costruita una colombaia.
Nel 1924 internamente ed esternamente fu nuovamente mutata.
Questi poderi erano anticamente degli Scaligeri. Antonio della Scala con una lunga donazione li cedette al nobile Cortesia figlio di Bonifacio Serego. Maestro Nicolò Cendrata acquistò i poderi e la villa di Castelrotto dai figli del nobile Cortesia. Quando nel 1418 la figlia Taddea del Cendrata andò sposa al maestro Guarino Guarini ebbe in dote la villa che passò così ai Guarini.
La figura del famoso umanista è legata alla memoria della villa nel modo più degno, perchè egli stesso celebrò nelle sue epistole latine il delizioso soggiorno, e descrive le cure campestri che egli alla villa dedica, e ci racconta dei memorabili convegni di umanisti che quivi si tenevano e degli alunni che egli vi ospitò. Trasferitosi il Guarino a Ferrara, la villa rimase di sua proprietà e passò nella sua famiglia insigne per altri due secoli, e’ l’’ultimo dei Guarini che la possedette fu il celebre Battista Guarini, famoso autore del “Pastor Fido”, l’emulo del Tasso.
Venne qui Battista Guarini a villeggiare? Il Feudo della Guariniana nel Ferrarese era l’abituale villeggiatura della famiglia Guarini.
Battista Guarini, famoso poeta, ambasciatore ed uomo di corte, passò forse fugacemente da quei luoghi che gli rammentavano le origini gloriose della sua famiglia e portò forse quivi, nelle sue rapide visite, il cruccio ed il rancore della sua difficoltà di temperamento e di vita agitata.
Ambasciatore pieno di spese e a corto di quattrini; padre infelicissimo, che ebbe la diletta figlia Leonora massacrata per mano d’un sicario del marito spietato, il Conte Trotti, al quale poi, per ordine del Duca, dovette accordare il suo perdono – solo tre anni dopo il delitto – e pubblicamente con lui riconciliarsi.
Nel 1665 i Guarini vendettero la villa a Domenico Betteloni, la cui famiglia aveva i poderi nella attigua località di Cengia fin dalla metà del ‘400, ed i Betteloni vennero quì a villegiare ininterrottamente tutti gli anni.
I Betteloni, quantunque gente modesta, non erano tuttavia alieni dai buoni studi, se uno di essi, il Giureconsulto Cristoforo, conseguì fin dal 1610 la dignità consigliare di Verona. Dopo lunghe ordine di anni, le cure campestri e le professioni laureate danno, nell’albero di questa famiglia, il fiore della genialità letteraria con la nascita di Cesare Betteloni (1808). Il poeta, che, con la sua fresca produzione giovanile si acquistò un posto cospicuo tra il Pindemonte e l’’Aleardi, veniva quì alla villa di quando in quando, trascorrendo il più tempo sul suo amato Lago di Garda. Mori prematuramente all’età di ventisei anni.

Villa Eugenia- Lebrecht a S.Floriano
Sorse nella seconda metà dell’’ottocento (1864), epoca di paesaggio, di transizione per tutte le manifestazioni dello spirito.
Nella seconda metà dell’’800 l’alito della creazione è soffocato, risorgerà più tardi. Mentre in quest’’epoca, nella nostra città, s’afferma il sentimentalismo dell’’Aleardi in poesia, in architettura s’impone il maestro Giacomo Franco. Amante dell’arte medioevale nei suoi disegni, nei suoi progetti, nelle sue costruzioni c’è un ritorno nostalgico all’antico che si fonde armoniosamente nella linearità spoglia d’ogni esuberanza floreale, semplice e precisa.
Il Franco, progettista del Duomo di Lonigo, legò la sua fama di grande architetto allo scalone, per l’ingresso alla sala del Consiglio nel palazzo del Governo di Verona.
Dopo moltissime opere, stanco del lungo lavoro, e sedotto dalla tranquillità della campagna, scelse il villaggio di S.Floriano per costruirvi una villa ove passava in serena pace le sue ore di riposo. Sorse così, nella sua semplicità ed ampiezza di linee villa Eugenia, che fu abitata dallo stesso Franco. Particolare interesse assunse la villa quando passò verso la fine dell’’800 ai Lebrecht.
Coi Lebrecht entra nella villa il soffio vivificatore dell’’arte. Le semplici linee architettoniche, segnanti sale e pareti nude vengono trasformate.
Donna Eugenia Lebrecht-Vitali, intelligente, colta, leggiada scrittrice, amante dell’arte ed appassionata cultrice delle bellezze estetiche, fece di questa villa un luogo di delizie. Le sale furono abbellite con affreschi e decorazioni, la facciata fu trasformata secondo un buon gusto artistico, cure speciali furono dedicate al parco. In poco tempo il parco divenne uno dei più belli e curati della provincia.
Il Pindemonte avrebbe prosa ispirazione da questo parco per la sua descrizione poetica dei giardini inglesi.
Al centro del parco giace un magnifico laghetto.
Storica fu una festa organizzata dagli ufficiali del Reggimento di Savoia Cavalleria nel 1892, in occasione del duecentenario della fondazione. Partecipò alla festa anche la Principessa Letizia di Savoia, seconda moglie di Amedeo, duca d’Aosta e madre del conte di Salemi, eroicamente caduto nella grande guerra. Una scritta ricorda l’’avvenuta festa alla presenza della principessa.
Le traccie di mondanità di donna Eugenia furono ben presto cancellate dalla villa quando passò in possesso al clero che ne fece un luogo sacro per ritiri spirituali, chiamandola villa del Sacro Cuore. Fu per poco tempo del signor Zancanaro ed ora è proprietà della provincia.

Argomenti tratti dal volume “La Valpolicella uomini e Cose ” di Guerrino Zanoni
Soc. Editrice Arena