Racconti nel tempo

Peppone o Don Camillo ?

San Giorgio di Valpolicella è sempre stato descritto come un piccolo borgo, ricco di tradizioni e di storia, e dove il visitatore, oltre che alla Pieve Romanica, avrebbe potuto trovare un po di refrigerio nelle calde serate d’estate, e godersi l’incantevole panorama che volge sul lago di Garda.
La vita tranquilla del paese, fu scossa però da alcuni avvenimenti che infuocarono gli animi degli stessi abitanti, al punto di far parlare del paese perfino sui giornali locali del tempo.
Anche fra i lavoratori del marmo, che in paese rappresentavano la maggioranza dei cittadini, le nuove idee di ispirazione socialista cominciarono a prendere il sopravvento. La lotta contro la borghesia e lo spirito anti clericale di queste nuove idee, provocarono non pochi momenti di tensione fra i ridenti cittadini che fino a quel tempo erano vissuti all”ombra del campanile”, servili nel confronto del Parroco, considerato da sempre l’unico e incontestabile “punto di riferimento” per tutta la comunità stessa.
Quello che incuriosì in particolar modo i giornalisti dell’epoca, fu l’accanimento profondo nei confronti del Parroco, che in nessun paese limitrofo fino a quel momento non si era mai visto o manifestato. D’altro canto, il Parroco non era ne sordo, ne muto, e dal pulpito scagliò agli “infedeli” prediche infuocate e in qualche occasione dichiaratamente anti-patriottiche.
Forse era il “preludio” di un qualcosa che sarebbe durato negli anni, di più di quello che ci si aspettava: il sorgere di una piccola “isola rossa in valpolicella”.

‘Il 25 novembre 1906, durante una solenne cerimonia, con grande partecipazione di popolo, il Parroco del Paese don Riccardo Ferrari, assieme all’assessore Alessandro Richelli ed a un altro relatore, inaugurarono il monumento alla fontana. Il marmo utilizzato per la costruzione del manufatto, fu offerto dallo stesso amministratore, e gli scalpellini che lavoravano presso la sua azienda ne furono gli esecutori materiali. Gli oratori, nei loro discorsi elogiarono i lavoratori del marmo, per la loro dedizione e fatica nel dedicarsi a questo duro lavoro. Venne ricordato il Santo Patrono del luogo, e la liberazione del Veneto dalla dominazione straniera.

A San Giorgio, sacro patrono del sito, salgono inno perenne,

col suon di picconi e martelli, il tuonar delle mine e il fragore dei massi.

Su questo marmo, inesauribile fonte di ricchezza e di lavoro,

ch’eternò dovunque, geniali opere pii voti sante memorie,

la popolazione di San Giorgio, nel quarantesimo anniversario,

della liberazione da ogni straniero selvaggio,

l’aurora della veneta libertà, volle ricordata, 1866-1906.

Qui, tenace fibra di sempre viva natura, indurì la rupe,

e armò la mano all’uomo,fin dall’età romana

Questa iscrizione composta sui quattro lati del monumento sembra sia stata composta sempre dall’arciprete poeta.

Una bella fontana, portante di acqua fresca, serviva non solo agli abitanti del luogo, ma anche a coloro, che arrivando a San Giorgio, trovavano un punto di ristoro e di rinfresco.
L’elogio dell’arciprete, nel celebrare questo avvenimento, si rivolse in particolare, al sindaco di sant’Ambrogio e al comitato dei cittadini sorto in loco per promuovere la realizzazione dell’opera. Ricordò il duro lavoro dei scalpellini nel costruire il monumento, ma anche il lavoro di coloro che riuscirono con molte difficoltà, a far arrivare l’acqua, dalla fontana Caransan in quel punto.

l’effige in marmo della fontana

L’inizio delle polemiche…………..

Sembrava che l’inaugurazione del monumento avesse portato un momento di gioa in questo piccolo paese, ma all’improvviso una vecchia polemica contro il parroco, arroventò il clima che si era venuto a creare in quei giorni.
Un giornale locale “L’Adige” riprese una vecchia diatriba scoppiata anni prima, che riguardava un iscrizione dedicata la Re d’Italia, che l’amministrazione comunale di Sant’Ambrogio avrebbe voluto far incidere sulle campane del campanile del paese, e che il parroco “forse non molto patriottico” rifiutò.
A questa polemica ripresa dal giornale L’Adige, si aggiunse un altra invettiva del settimanale socialista “Verona del Popolo”, secondo il quale, il monumento doveva rappresentare un elogio alla liberazione dei popoli ed in particolare a Giuseppe Garibaldi, considerato il “paladino” degli oppressi, mentre invece con la solenne cerimonia tenuta dal Parroco e conseguente “benedizione” si tradiva lo spirito rivoluzionario dell’inaugurazione del monumento, sul quale sempre secondo questo giornale ci sarebbe dovuta andare sistemata l’effige dell’eroe dei due mondi.

Questa effige, forgiata in bronzo era pronta per essere collocata in qualche posto del comune, ma ne l’amministrazione di Sant’Ambrogio, nel il Parroco di San Giorgio la volevano vedere appesa da qualche parte…….
Così nella giornata del 20 settembre, data che ricordava la presa di Porta Pia, fu inaugurato nel corso di una cerimonia il famoso medaglione, appeso sul monumento della fontana. Alla manifestazione intervennero alcune autorità, e tutte le organizzazioni socialiste veronesi, e i discorsi pronunciati ebbero un connotato dichiaratamente patriottico. In quei giorni il clima divenne infuocato, e perfino il giornale “Verona del Popolo” in un suo editoriale, condannò la manifestazione considerandola una misera invettiva nei confronti della religione e del prete del Paese.
Anche la Giunta comunale fu accusata di tradimento nei confronti dei cattolici, per aver appoggiato la manifestazione stessa e di essersi apparentati con i socialisti.
Il Parroco di San Giorgio, in quel giorno abbandonò il paese, e si ritirò a Mazzurega, un piccolo centro non poco distante dal sito.
Altri parroci dei paesi limitrofi, si limitarono a commentare l accaduto dal pulpito delle loro rispettive Chiese.
Poco tempo dopo, alcuni “simpatizzanti” del “medaglione”, organizzarono un pranzo di lavoro, invitando tutti i concittadini.
Il Parroco, che nel frattempo si era rifugiato per protesta nella vicina Mazzurega, venuto a conoscenza di questa nuova cerimonia, decise di rientrare a San Giorgio, e nel corso della festa, cambiò letteralmente umore, leggendo perfino una canzoncina proprio la Lui scritta.

San Giorgio lè belo.
San giorgio me piase,
ste bele ragàse,
sta bela contrà.
Soto l stendardo
de la Republica
Garibaldi gridava vendeta;
ma l Italia è unita tuta,
Garibaldi è l vincitor.
La l à dito anche la Rissa
che l Italia l è perduta;
ma l Italia è unita tuta,
Garibaldi è l vincitor.

Lè tri ani che sudemo
per averghè la fontna
Finalmente fen cucagna
perchè n piasa l è arivà.

Sta fontana così bela
L era tanto necesaria
Quasi, quasi come l aria
Per poder campar piasè.

Da qu avanti, se podemo
Se fà l brodo più ciareto;
Perchè prima era in sospeto
D eser mal acompagnà.

Adeso si poden lavarse
Sens averghe dei sospeti
D ereditare certi inseti
Sensa tàse da pagar
.

Bevi pure de sta aqua
Stè sicuri, no se fala,
Qua nesun farà la bala
Se sempre aqua bevarà.

Vardè fioi come la sbolsa,
Sempre ciara e cristalina
Racomando che n cantina
No la cambia de color
.

lavè pure i vostri ordegni
Dopo pò butela fora
E le bote con la lora
Impienile de vin bon.

Se olì far de quel minudo,
Felo pur, che sem contenti
Ma a noaltri en sti momenti
Dene quelo de noè.

Viva dunque la fontana
Ch è la vita del paese
Non importa de le spese
Qualchedun le pagherà.

Viva viva l Municipio
Viva tuti i Consiglieri
Che uniti agli Ingegneri
Sta fontana jà terminà.

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